La filosofia ispiratrice della green economy vede nell'uso delle fonti energetiche rinnovabili, in sostituzione dei tradizionali combustibili fossili, la soluzione dei due principali problemi che l'umanità si trova oggi ad affrontare: il progressivo depauperamento delle risorse fossili di cui si prevede l'esaurimento nell'arco di pochi decenni e la difesa dell'ambiente dalle emissioni inquinanti legate all'utilizzo di petrolio, metano e carbone. La questione non si pone solo in termini tecnici ma riveste implicazioni di carattere etico. Come afferma Mauro Spagnolo, direttore del quotidiano Rinnovabili.it: "La green economy, prima di essere un movimento economico è un movimento di opinione. La green economy nasce per mettere insieme una serie di istanze culturali, che hanno l'unico obiettivo di perpetuare le attuali condizioni di vita anche per il futuro".
Il giro di affari riconducibile alla green economy si attesta in Umbria, secondo una recente stima, intorno ai 10 miliardi di euro. La somma è di tutto rispetto ma ancora manca presso gran parte dell'opinione pubblica la nozione che il nuovo approccio economico comporterà profonde modifiche nei modelli e stili di vita di ognuno.
A che punto si trova l'Umbria nello sviluppo dell'economia verde? La classifica elaborata da "Fondazione Impresa" colloca la nostra regione, in Italia, a un modesto 13esimo posto su 20.
Come in tutti i movimenti di opinione i pareri sulla green economy sono diversificati e, talvolta, radicalmente opposti. I dati disponibili sono oggetto delle interpretazioni più disparate soprattutto perché i fautori delle energie rinnovabili proiettano in un futuro dall'orizzonte indefinito la realizzazione dei loro progetti. Le argomentazioni degli scettici si rifanno ai dati concreti oggi disponibili che non sembrano lasciare molto spazio a ipotesi giudicate poco meno che utopistiche.
Prima di fornire i dati che fotografano l'attuale situazione energetica, occorre premettere alcune nozioni di base. Il principio di conservazione dell'energia (primo principio della termodinamica) ci dice che l'energia non si crea né si distrugge; si può solo trasformare. In ultima analisi, dato che l'intera l'energia di cui possiamo disporre (fossile o rinnovabile) proviene dal sole, tutti i dispositivi che possiamo progettare (collettori termici, moduli fotovoltaici, impianti solari termoelettrici, turbine eoliche e quant'altro) saranno sempre e solo dei "trasformatori" di energia e non certamente dei "generatori" della stessa. Altra considerazione fondamentale: la potenza della radiazione solare è bassa, dell'ordine di meno di 1 KW/m2 (solo a mezzogiorno e con cielo limpido). A questo bisogna aggiungere le perdite dovute ai rendimenti dei dispositivi di trasformazione che comportano inevitabili riduzioni della potenza effettivamente resa disponibile, (secondo principio della termodinamica). La conseguenza di quanto sopra è che per ottenere quantitativi significativamente rilevanti di energia rinnovabile occorre poter disporre di grandissime aree. E' stato calcolato che per sostituire in gran parte l'uso dei combustibili fossili in Italia occorrerebbe ad esempio costruire celle fotovoltaiche su una superficie grande quanto l'Umbria (7000 KM2) senza contare però corridoi e piazzole per la manutenzione , accumulatori e centrali per compensare la discontinuità del solare. Le celle rimarrebbero naturalmente inattive di notte.
Veniamo alle cifre: la somma di tutte le energie ricavate annualmente in Italia da fonti rinnovabili (soprattutto di origine idroelettrica) non raggiunge oggi il 15% del fabbisogno totale. La Comunità Europea ha fissato per l'Italia la quota del 17% per il rinnovabile entro il 2020, ma anche per ottenere questo modesto risultato occorrerà impiegare ingenti risorse e riconvertire, oltre agli impianti produttivi, lo stile di vita dei cittadini.