"Rarica"

01.03.24 , Eventi , Collaboratore Riflesso

 

"Rarica" è il nuovo progetto site specific dell’artista e scultore Francesco Diluca, a cura di Lara Gaeta e Camilla Nacci Zanetti, pensato appositamente per rendere omaggio alla Sicilia. La mostra, organizzata in collaborazione con Aditus, coinvolge, dal 20 aprile al 30 settembre, due sedi espositive: il Castello Maniace di Ortigia, Siracusa, storico monumento del periodo svevo che si affaccia sul mare, e l’Orto Botanico dell’Università di Palermo, che custodisce una preziosa varietà di specie vegetali.

Proprio dal mare e dalle creature che lo popolano, Rarica (“radice” in dialetto siciliano) trae ispirazione, per parlare – attraverso oltre trenta opere tra sculture, installazioni di land art e video – di interdipendenza tra essere umano e natura, di ecosistemi, di organismi che vivono in comunità e di processi trasformativi. Le sculture dell’artista rappresentano anatomie umane, a cui si aggiungono concrezioni ed elementi eterogenei come filamenti, foglie e farfalle. I corpi si trovano in uno stato trasformativo, si sfaldano e appaiono inconsistenti, nonostante siano realizzati con materiali solidi come il ferro.

Il percorso espositivo nasce nel mare di Ortigia con la scultura subacquea “Reef - Kura Halos” installata nelle acque antistanti al Castello. L’opera è visibile dalla spiaggia o tramite immersione. Realizzata per il fondale marino e pensata per accogliere nelle sue cavità altre forme di vita, “Reef - Kura Halos” pone l’accento su temi ambientali urgenti quali l’innalzamento della temperatura del mare e il conseguente sbiancamento dei coralli. Per la realizzazione dell’opera l’artista si è avvalso della consulenza di biologi marini.

Tornando in superficie, numerose sono le opere negli spazi del Castello Maniace. Qui si incontrano i due protagonisti del metaforico viaggio nel quale Diluca conduce il visitatore: Orfeo, o meglio l’opera “Radicarsi – Orfeo”, che apre e chiude l’accesso alle Cannoniere del Castello, ed Euridice, ossia l’opera installativa “Madrepora – Euridice”. Mentre la scultura di Orfeo conserva ancora le sembianze umane, Euridice è evanescente: è un’opera di land art che mescola elementi naturali come sabbia, sale e ghiaia, a piccole sculture che rappresentano i coralli. Il pubblico può interagire con l’installazione camminandovi sopra, ma anche raccogliendone alcuni esemplari e portarli con sé.

Il ricorso al mito si fa pretesto per esprimere la complessa relazione tra elementi complementari: l’acqua e la terra, l’abisso e la superficie, le creature marine e quelle terrestri, la vita e la morte. Contrariamente al tragico epilogo del viaggio di Orfeo, che si conclude con la morte di Euridice, le opere dell’artista compensano la morte con la rigenerazione della vita.

Fanno da contraltare all’acqua e alle creature marine le installazioni realizzate per la Sala Ipostila del Castello Maniace, che richiamano il fuoco inteso come elemento che genera cambiamento. Sono vetrofanie, applicate sulle ampie finestre della sala monumentale, tratte dalla serie di performance “Post Fata Resurgo” nelle quali l’artista dà fuoco a enormi sculture in filamento metallico. L’installazione immersiva simula un incendio, in un effetto visivo scenografico che trasforma la Sala Ipostila in una cattedrale laica. “Post Fata Resurgo” rievoca non solo un evento legato alla storia del castello, ossia l’incendio del 1704, ma anche gli straordinari fenomeni naturali legati alle attività vulcaniche a cui i siciliani hanno spesso la possibilità di assistere.

Costanti sono i parallelismi che si generano tra le opere allestite al Castello Maniace di Siracusa e quelle all’Orto Botanico di Palermo. Sono in particolare le opere della serie “Radicarsi” ad attivare una forte connessione tra le due sedi. A Palermo, l’opera “Micelio” esalta la capacità interconnettiva, propria della natura, di creare reti invisibili di comunicazione, che suggeriscono possibilità inedite. Sempre all’Orto, per lo spazio dell’Aquarium, è stata concepita e realizzata “Mangrovia”, un’opera “circolare”, che parla di acqua e di terra, che attiva corrispondenze, e che riflette sulla dimensione temporale, così importante per la ricerca dell’artista.

Il progetto espositivo è accompagnato da una preziosa pubblicazione, curata da Ernesto Giuntini ed edita da Eclipse, che raccoglie, oltre alle suggestive immagini della mostra e delle opere esposte, i testi critici delle curatrici Lara Gaeta e Camilla Nacci Zanetti, e altri interventi interdisciplinari.

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