Il sociologo strutturalista elabora un’attenta analisi della moda, dimostrando che parlare di Chanel o del colore in voga per l’estate non è cosa da donne superficiali e materialiste, ma vero e proprio fondamento del vivere sociale
18.10.18 , Moda , Elisa Giglio
“Attraverso la moda la società si mette in mostra e comunica ciò che pensa del mondo”. Questo è uno dei tanti estratti del libro “Il senso della moda. Forme e significati dell’abbigliamento” di Roland Barthes, saggista e semiologo francese che visse a metà del secolo scorso (1915 - 1980). Il libro riunisce per la prima volta tutti i testi - saggi, articoli, recensioni, interviste - nei quali Barthes affronta un tema e un problema centrali della vita sociale contemporanea: il multiforme e poliglotta universo semantico vestimentario - che si forma e si riforma senza sosta, nel momento in cui l’abito incontra il corpo costituendolo come struttura di senso - diventa oggetto del desiderio. L’intera opera del saggista d’oltralpe è cosparsa di osservazioni, sempre attuali, sui significati sociali dell’abbigliamento e del costume. Inoltre l’autore porta avanti un’approfondita riflessione sul coprirsi e il denudarsi, sull’esibizionismo e la vergogna, sull’identità e i suoi mascheramenti. “La semiologia del vestito - afferma Barthes - mette in relazione il vestito con la psiche di chi lo indossa, presume cioè che l’indumento esprima una profondità psichica”.
Nel suo celebre libro “Sistema della moda”, pubblicato nel 1967, il sociologo prende in esame alcuni vestiti emblematici, per scopi commerciali ed estetici, meditando sul modo in cui la moda viene presentata sulle riviste. Sofferma la sua attenzione sulle didascalie, che sono il perno efficace in cui si produce e si nasconde il senso della moda: un punto necessario che trasforma un semplice capo d’abbigliamento in un oggetto quasi mitico, rende desiderabile al tempo stesso l’abito e chi lo indossa. La tesi del libro è che la moda è un perfetto meccanismo appartenente alla società con cui è diffuso il sentimento di desiderio tra la gente.
Applica le sue categorie semiologiche - espressione e contenuto - a diversi oggetti, tra cui la moda. Argomenta con buona dialettica tra gusti individuali e usi sociali, per esempio il dandy e l’importanza del dettaglio. Barthes si trova in difficoltà nell’applicare al mondo del vestiario la coppia significante (espressione) - significato (contenuto). Mentre il piano dell’espressione è dato dagli elementi minimi del vestito (il colletto, la piega, il risvolto), dove si trova il piano del contenuto ovvero il significato del vestire? Trova la soluzione nella lessicalizzazione dei significati che compaiono nelle riviste. Le didascalie dei servizi di moda sono la chiave di volta, in quanto esprimono significato, rendendo pertinenti certi aspetti del vestito. Quindi vi è autoreferenzialità nel sistema moda, che rappresenta il significato stesso che fa vendere. In tal senso, da un lato si creano indumenti/mondo che presentano un legame con il reale, anche se costruito, e dall’altro si realizzano indumenti/moda caratterizzati per la loro esclusiva autoreferenzialità. Ad esempio, se pronunciamo una frase del tipo “Quest’anno il blu in spiaggia”, ci troviamo di fronte a un’espressione puramente arbitraria e autoreferenziale, mentre un’affermazione come “La moda è di moda” fa riferimento alla categoria in questione che crea un proprio mondo a sé stante.
Infine, Barthes individua delle “figure retoriche” dell’immagine mediante la creazione di un’interazione tra aspetto linguistico e aspetto visivo, in cui il linguistico “ancora” il visivo. Il saggista analizza per esempio una pubblicità del suo tempo, quella della pasta Panzani, che rappresenta una scena “naturale” di vari pacchi di pasta con colori e scritte che richiamano l’italianità, la sua ideologia e cultura.
Per concludere, secondo il sociologo francese si può affermare il primato del verbale sul visivo, come accade nella pubblicità e nella moda. La sua analisi della cultura di massa in termini di connotazioni ideologiche e culturali rimane ancora oggi molto attuale e oggetto di studio e dibattiti.
RIFLESSO
Registrazione Tribunale di Perugia n.35 del 09/12/2011
ISSN 2611-044X
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